La Tradizione Cattolica, 126 (2024 n. 1)

Sommario:

Editoriale 
Giovannino Guareschi: il padre di Peppone e don Camillo 
Le missioni al popolo 
Giovanni Gasparro, la visione della Chiesa di santa Hildegard von Bingen 
Note sull’attualità 
Mons. Lefebvre 
Cronaca 
 

Editoriale di don Ludovico Sentagne

«Non doveva forse il Cristo patire tali cose e così entrare nella sua gloria?» (Lc 24, 25-26).

Così parlava il Salvatore ai discepoli che si allontanavano «malinconici» da Gerusalemme. Cosa direbbe a noi che camminiamo così spesso «malinconici» sul sentiero di questa vita davanti alla Passione della nostra Madre, la Santa Chiesa? Certo, constatiamo che le cose non stanno migliorando, guardando chi occupa i posti d’autorità nella Chiesa. Ma dobbiamo quindi disperarci? Al Venerdì Santo segue la mattina di Pasqua, come è stato profetizzato, perché Nostro Signore è vero Dio e quindi nessuno può vincere contro di Lui, ma solamente Lui può cambiare il male in bene.

La sua amata sposa deve seguire i suoi passi. Di fatto la Chiesa ha sempre conosciuto la persecuzione, sin dai primi capitoli degli Atti degli apostoli, con la battitura dei dodici apostoli, e fino ai giorni nostri. Siamo costretti ad esclamare con l’Apostolo: «Come abbondanti vengono su di noi le sofferenze del Cristo, così pure è abbondante la nostra consolazione per mezzo del Cristo». I nemici della Chiesa dovranno invece gridare: «Insensati! Giudicammo la loro vita una pazzia e la loro morte ignominiosa. Come mai essi sono annoverati tra i figli di Dio ed è toccata loro la sorte tra i santi?» (Epistola dei martiri nel Tempo Pasquale).

Affaticati dal combattimento, gli uomini di Chiesa hanno cercato la pace con il mondo: «La Chiesa sembra paventare di esserne rigettata, come positivamente è rigettata, da una gran parte del genere umano. Allora essa viene decolorando la propria peculiarità assiologica e colorando viceversa i tratti che essa ha comuni col mondo: tutte le cause del mondo diventano cause della Chiesa. Essa porge al mondo il proprio servizio e tenta di capeggiare il progresso del genere umano. Questa tendenza ho chiamata altrove cristianesimo secondario»1 . Così scriveva Romano Amerio nel lontano 1985, quasi quarant’anni fa.

Ebbene, noi vediamo che gli uomini di Chiesa possono agire in questo modo, ma crediamo fermamente che «le porte dell’Inferno non prevarranno contro di essa»2 . La fede aumenta la nostra pazienza nell’aspettare la gloria futura e nel sopportare prove e umiliazioni per arrivare alla redenzione completa e definitiva. Ma soprattutto sboccia in speranza soprannaturale appoggiata, cioè, sull’aiuto divino. «La tribolazione o l’angoscia o la fame o la nudità, o il pericolo, o le persecuzioni o la spada»3 , niente può fermare il cristiano. L’attacco congiunto del mondo e degli uomini di Chiesa modernisti non possono essere un ostacolo, ma sono al contrario una prova purificante che manifesta la nostra fermezza sulla strada della felicità eterna. Ecco la forza della speranza soprannaturale: «Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce tolleranza, la tolleranza produce virtù provata, la virtù provata speranza; e la speranza non inganna, perché l’amore divino si è riversato nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci fu dato»4 .

«Le debolezze del mondo ha scelto per svergognare i forti»5 . La nostra forza è in Gesù Cristo e la nostra lotta una partecipazione alla Sua. In questo mondo cattivo la speranza è una sua consolazione ma anche una gioia. Attesta che ci stiamo intrecciando una corona di gloria.

Ad Jesum per Mariam, ad maiorem Dei gloriam.

  • 1Iota Unum, Romano Amerio, Ed. Riccardo Ricciardi, 3° edizione 1989, p.425.
  • 2Mt 16, 18.
  • 3Rm 8, 35.
  • 4Rm 5, 3-5.
  • 5I Cor 1, 27.